Una lunga notte di sorprese. Il discorso nel suo quartier generale: sarò il presidente di tutti gli americani. Hillary Clinton si congratula con lui ma non parla. L’invito di Obama alla Casa Bianca
I primi media Usa hanno dato la vittoria a Trump alle 7.45 (ora italiana), quando è arrivata dalla Pennsylvania la conferma che i grandi elettori sono andati al candidato repubblicano. Ma Hillary Clinton ha atteso fino dopo le 8.30 per concedere l’onore delle armi al suo avversario, chiamandolo per congratularsi. Il capo della comunicazione della candidata democratica, John Podesta, ha detto ai sostenitori radunati nel quartier generale di New York che Hillary non avrebbe parlato.
Il discorso di Trump
Un Donald Trump visibilmente commosso, nel suo discorso della vittoria si è impegnato a essere “il presidente di tutti gli americani”. Davanti ai suoi sostenitori in delirio nel quartier generale di New York ha riconosciuto che “ora è per l’America il momento di curare le ferite” e che “repubblicani, democratici e indipendenti devono riunirsi in un solo popolo”.
Trump, rivolgendosi a “quelli che hanno scelto di non sostenermi”, si è impegnato a “raccogliere le vostre indicazioni e ad unirci come un unico Paese”. Quella che si è appena conclusa, prosegue il presidente eletto, “non è stata una campagna, ma un movimento incredibile formato da milioni di donne e uomini che lavorano duro e vogliono un futuro migliore”.
Di nuovo, Trump ha lanciato l’impegno a riunire gli americani di “tutte le razze e religioni”, promettendo che il suo sarà “un governo al servizio del popolo” e che “i dimenticati di questo Paese non lo saranno più”.
L’invito di Obama alla Casa Bianca
Barack Obama e Donald Trump si incontreranno domani, giovedì, alla Casa Bianca. “Il presidente – si legge in una nota della Casa Bianca – ha telefonato a Donald Trump questa mattina presto per congratularsi per la sua vittoria. Il presidente ha anche telefonato al segretario Clinton e le ha espresso la sua ammirazione per la forte campagna condotta in tutto il Paese”. Obama più tardi parlerà “per discutere i risultati elettorali e quali passi possiamo intraprendere come Paese per ritrovare unità dopo questa combattuta
stagione elettorale”. La nota annuncia infine che il presidente Obama “ha invitato il presidente eletto per un incontro alla Casa Bianca giovedì 10 novembre, per aggiornarlo sui piani per la transizione”.
Una lunga notte di sorprese
Una lunga notte di sorprese, che si è conclusa con il risultato più inatteso: una vittoria di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America. La sconfitta è stata enorme per Hillary Clinton, la super favorita della vigilia, e non solo per lei. L’intera industria dei sondaggi politici, infatti, ancora una volta, come per il voto sulla Brexit in Grand Bretagna, ha fallito grossolanamente nel leggere gli umori dell’elettorato. Il risultato di oggi dimostra anche quanto tragicamente lontani dai problemi reali del popolo americano siano le élite professionali statunitensi: giornalisti, parlamentari, analisti politici. E conferma una realtà emersa con forza negli ultimi 18 mesi di campagna elettorale: l’America è fratturata, la maggior parte dei suoi abitanti è profondamente delusa, il Paese simbolo delle opportunità per tutti ha perso la speranza nel futuro. Su queste ansie lo slogan “rendere l’America di nuovo grande” ha messo radici.
Gli exit polls hanno infatti messo in evidenza un’America pessimista e scontenta. Circa il 60 per cento degli elettori ha sostenuto che il Paese si trova sulla strada sbagliata. Ancora di più ha espresso sgomento di fronte alla consapevolezza che le sue istanze più pressanti sono state trascurate nel corso di una campagna elettorale brutale.
Oggi però, i simpatizzanti del magnate dell’immobiliare gioiscono, increduli di aver prevalso contro una politica collaudata e una
delle macchine elettorali più efficienti della storia americana: quella dei Clinton. «Siamo stati competitivi con una veterana della politica che godeva di molti vantaggi – ha detto il manager del repubblicano, Kellyanne Conway –. Il movimento creato da Trump è stato in grado di avvicinarsi ai lavoratori e di essere meno elitario».
Trump deve infatti la Casa Bianca in buona parte alla classe lavoratrice, ma quasi solo a quella bianca. La speranza di vittoria di Clinton, imbaldanzita dall’alta affluenza alle urne da parte degli ispanici che tradizionalmente votano democratico, si è sbriciolata sotto il peso del supporto dato a Trump dagli elettori bianchi (compresi, in alcuni casi, quelli con uno stipendio superiore alla media nazionale), dagli operai e dagli abitanti delle campagne. Trump ha anche portato a casa il consenso della stragrande maggioranza degli uomini. E non ha perso molto terreno, rispetto al candidato repubblicano del 2012, nei confronti delle donne, nonostante i suoi ripetuti commenti maschilisti e volgari.
I gruppi demografici che simpatizzano per Clinton, come gli afroamericani, si sono invece astenuti in percentuali ben superiori alle ultime due tornate presidenziali, quando nel ticket c’era Barack Obama.
I festeggiamenti all’Hilton di New York, il quartier generale della campagna di Trump, sono iniziati dopo che il miliardario ha conquistato la Florida, uno Stato decisivo che i sondaggi assegnavano alla candidata democratica. Il Sunshine State ha rappresentato una svolta particolarmente simbolica della nottata: quattro anni fa Obama vi aveva vinto facilmente contro il rivale repubblicano Mitt Romney. E la Florida è arrivata sulla scia della North Carolina e dell’Ohio, anche loro fondamentali per aggiudicarsi la Casa Bianca. È stato in quel momento che Hillary Clinton ha messo le mani avanti, scrivendo su Twitter una frase che suonava molto come un epitaffio delle sue speranze presidenziali: «Questo team ha molto di cui essere orgoglioso. Qualsiasi cosa succeda questa notte, grazie per tutto».
Il repubblicano, con la sua mancanza esperienza politica e i suoi pronunciamenti minacciosi nei confronti della Nato e degli alleati più storici degli Usa, rappresenta un’incognita per il resto del mondo. Il nervosismo globale per il momento ha preso la forma di una picchiata nelle quotazioni dei mercati azionari, oltre a un crollo del peso messicano. Il Messico, infatti, è fra gli obiettivi principali delle politiche radicali del tycoon, che ha promesso di costruire un muro al confine con il vicino del Sud
Fonte: L’Avvenire